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AltroStile • Alzheimer: risvegliare la mente nell'oscurità con approcci alternativi
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Alzheimer: risvegliare la mente nell’oscurità con approcci alternativi

Alzheimer, oltre alle terapie classiche, esistono anche approcci non farmacologici, come la doll therapy e Barbie.
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Alzheimer: esplorando un approccio olistico per affrontare questa malattia, in campo anche Barbie.

Una malattia neurodegenerativa

L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa complessa che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Caratterizzata dalla progressiva perdita delle capacità cognitive, questa patologia rappresenta una sfida significativa per i pazienti, le loro famiglie e la società nel suo complesso. Oltre alle terapie farmacologiche, esistono anche approcci non farmacologici che possono aiutare a ritardare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti.

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Le cause

Le cause esatte dell’Alzheimer non sono ancora completamente comprese, ma sono state identificate diverse componenti genetiche e ambientali che possono contribuire allo sviluppo della malattia. La proteina beta-amiloide si accumula nel cervello formando placche, mentre la proteina tau forma grovigli neurofibrillari, danneggiando le cellule nervose e causando infiammazione. La predisposizione genetica, l’invecchiamento, lo stile di vita poco salutare e l’esposizione a fattori ambientali dannosi sono tutti elementi che possono aumentare il rischio di sviluppare l’Alzheimer.

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Cure farmacologiche e limitazioni

Attualmente, non esiste una cura definitiva per l’Alzheimer. Tuttavia, esistono farmaci che possono aiutare a gestire i sintomi e ritardare la progressione della malattia. Alcuni di questi farmaci agiscono aumentando la quantità di neurotrasmettitori nel cervello, migliorando temporaneamente la funzione cognitiva. È importante notare che questi farmaci possono avere effetti collaterali e non rappresentano una soluzione permanente.

Approcci terapeutici non farmacologici

Oltre alle terapie farmacologiche, gli approcci non farmacologici stanno guadagnando sempre più attenzione nella gestione dell’Alzheimer. Queste strategie si concentrano sull’ottimizzazione dell’ambiente e sulla promozione dell’attività mentale e fisica.

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Terapia occupazionale

La terapia occupazionale è un approccio che mira a coinvolgere i pazienti in attività significative e gratificanti. Attività come la pittura, la musica, la cucina e il giardinaggio possono stimolare il cervello e migliorare il benessere emotivo dei pazienti. Queste attività aiutano a preservare le abilità residue e a promuovere un senso di realizzazione.

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Attività fisica e mentale

L’esercizio fisico regolare ha dimostrato di avere benefici significativi per i pazienti affetti da Alzheimer. L’attività fisica migliora la circolazione sanguigna al cervello, stimola la produzione di neurotrasmettitori e aiuta a ridurre l’infiammazione. Inoltre, stimolare la mente attraverso giochi, puzzle e attività che richiedono la risoluzione di problemi può contribuire a mantenere le funzioni cognitive il più attive possibile.

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L’esperienza con le Barbie

Nel cuore della Rsa San Raffaele di Campi Salentina, in provincia di Lecce, è emerso un interessante fenomeno. Gli operatori della struttura, sulla scia del fenomeno Barbie, ne hanno regalato alcune ad un gruppo di pazienti con Alzheimer.

“La reazione è stata sorprendente – rileva Irene Patruno, educatrice professionale della residenza, spiegando che “nell’ambito del laboratorio di Doll Therapy alle pazienti del nucleo Alzheimer è stata data la possibilità di scegliere con quale bambola giocare tra le diverse presenti. Giocare con le Barbie non era e non sarà mai uguale a giocare con le altre bambole anzi, chi giocava con le Barbie spesso non giocava affatto con altre bambole”.

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Il laboratorio di Doll Therapy ha dato loro la possibilità di scegliere con quale bambola giocare tra le diverse presenti. Le pazienti che hanno optato per le Barbie sembrano aver riscoperto un legame personale con queste bambole, trasportandosi indietro nel tempo e rivivendo momenti forse mai davvero dimenticati.

La Doll Therapy, considerata uno dei trattamenti non farmacologici per le demenze, ha dimostrato di avere potenziali benefici. Maria Giovanna Pezzuto, psicologa della Rsa, spiega che il contatto visivo e corporeo, la manipolazione tattile e il dialogo con la bambola possono stimolare i processi cognitivi e la memoria, facilitando il dialogo e la capacità relazionale, oltre a ridurre disturbi comportamentali, problemi del sonno e sensazioni di depressione.

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In questo contesto, le Barbie hanno agito come catalizzatori, riportando momenti di gioia e serenità nella vita di queste pazienti. Anche se il gioco con le Barbie può sembrare semplice e superficiale, ha dimostrato di avere un impatto significativo sulla qualità della vita e sul benessere delle persone affette da Alzheimer. La semplicità e l’innocenza di questi giocattoli hanno risvegliato sentimenti e ricordi preziosi, regalando momenti di leggerezza in un percorso altrimenti difficile.

Alimentazione e nutrizione

Una dieta equilibrata ricca di antiossidanti, acidi grassi omega-3 e vitamine può svolgere un ruolo chiave nella prevenzione e nella gestione dell’Alzheimer. Gli antiossidanti aiutano a contrastare lo stress ossidativo nel cervello, mentre gli omega-3 sostengono la salute delle cellule nervose. Ridurre il consumo di grassi saturi e zuccheri può anche contribuire a mantenere stabili i livelli di glucosio nel sangue e favorire la salute cerebrale.

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Supporto familiare e sociale

Il sostegno emotivo e pratico da parte della famiglia e degli amici è fondamentale per i pazienti con Alzheimer. Mantenere un ambiente familiare e rassicurante può aiutare a ridurre l’ansia e la confusione. Gruppi di supporto e programmi di assistenza sociale possono anche offrire un luogo sicuro per condividere esperienze e trovare risorse utili.

Alcuni dati da ISS

La demenza di Alzheimer oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni e in Italia si stimano circa 500mila ammalati. È la forma più comune di demenza senile, uno stato provocato da una alterazione delle funzioni cerebrali che implica serie difficoltà per il paziente nel condurre le normali attività quotidiane.

La malattia colpisce la memoria e le funzioni cognitive, si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare ma può causare anche altri problemi fra cui stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale.

La malattia prende il nome da Alois Alzheimer, neurologo tedesco che per la prima volta nel 1907 ne descrisse i sintomi e gli aspetti neuropatologici. All’esame autoptico, il medico notò segni particolari nel tessuto cerebrale di una donna che era morta in seguito a una insolita malattia mentale.

Infatti, evidenziò la presenza di agglomerati, poi definiti placche amiloidi, e di fasci di fibre aggrovigliate, i viluppi neuro-fibrillari. Oggi le placche formate da proteine amiloidi e i viluppi, vengono considerati gli effetti sui tessuti nervosi di una malattia di cui, nonostante i grossi sforzi messi in campo, ancora non si conoscono le cause.

Nei pazienti affetti da demenza di Alzheimer si osserva una perdita di cellule nervose nelle aree cerebrali vitali per la memoria e per altre funzioni cognitive. Si riscontra, inoltre, un basso livello di quelle sostanze chimiche, come l’acetilcolina, che lavorano come neurotrasmettitori e sono quindi coinvolte nella comunicazione tra le cellule nervose.

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L’Alzheimer rappresenta una sfida complessa, ma l’approccio olistico che combina terapie farmacologiche e non farmacologiche può fare la differenza nella gestione della malattia. Mentre la ricerca continua a scoprire nuove informazioni sulla malattia e le sue cause, è importante adottare un approccio completo che tenga conto sia delle cure mediche che dell’ottimizzazione dello stile di vita. Con una combinazione di attività fisiche, mentali, nutrizionali e di supporto sociale, è possibile migliorare la qualità della vita dei pazienti e dei loro caregiver, offrendo loro un sentiero di speranza e dignità nella lotta contro l’Alzheimer.

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Articolo a cura di:

Patrizia Landini

Giornalista di Salute e Benessere

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