Tiziana Alterio, globalizzazione e mediterraneità
Tiziana Alterio: “Abbiamo un compito grande, cambiare direzione per una società più umana e rispettosa della Terra. Questo è il mio impegno. Lavorare per una Nuova Umanità!”
Tiziana Alterio, giornalista indipendente e scrittrice a proposito del rischio del modello neoliberista.
Sommario
L’intervista a Tiziana Alterio, giornalista indipendente
Pubblico, insieme al video realizzato a Bassano del Grappa (VI), l’intervista con Tiziana Alterio, in occasione di un incontro pubblico divulgativo organizzato dall’Associazione Zenit. Mi è molto piaciuto intervistarla, ha la forza di una vera combattente, unita alla dolcezza e all’amore per la vita e per il nostro pianeta. Ho integralmente trascritto il nostro dialogo per dare modo a tutti di ascoltare, e leggere, le sue parole con animo e mente aperta, anche se il mio consiglio e di guardare la video intervista.
La trascrizione
Patrizia Landini. Grazie Tiziana di essere con noi oggi.
Tiziana Alterio. Grazie a voi per questa intervista.
Patrizia Landini. Bene, sono molto felice di averti qua con noi, perché tu tratti dei temi molto interessanti con dei punti di vista diversi, trasversali anche, ma comunque sempre molto approfonditi. Guardando, così il tuo lavoro, la tua attività, il tuo sito, ho visto che tu parli di mediterraneità come filosofia di vita, tu dici, e che potrebbe indicare la rotta, la nostra mediterraneità al mondo intero. Ecco perché il Mediterraneo è così importante per te, e non solo.
La stortura dell’attuale modello economico
Tiziana Alterio. Prima di parlare di mediterraneità, mi preme condividere, diciamo, la stortura del modello economico di vita in cui siamo finiti noi come umanità, soprattutto come popoli occidentali, altrimenti non si capisce perché è importante la mediterraneità. Negli anni ’90, soprattutto, è iniziato questo processo della globalizzazione.
Ce l’hanno venduta come la panacea di tutti i mali, che avrebbe debellato la fame nel mondo, che ci avrebbe resi tutti più ricchi, tutti più felici, e, invece, a distanza di quarant’anni, ci stiamo risvegliando da questo sogno, ma più che sogno, un incubo, e stiamo in realtà, vedendo gli effetti di questo modello che, non solo, ci ha reso tutti più poveri dal punto di vista economico, perché la ricchezza è confluita sempre di più nelle mani di pochi, impoverendo, soprattutto, la classe media, per non parlare, poi, della povertà nei paesi del Sud del mondo, ma, soprattutto, non ci ha reso più felici.
Sicuramente, ci ha impoveriti anche spiritualmente. Abbiamo creduto che riempiendoci di beni, di oggetti avremmo potuto raggiungere questa utopica felicità, invece ci siamo appunto risvegliati con l’idea di un modello che è un modello distopico, è un modello che sta portando l’umanità, direi quasi a schiantarsi.
I valori su cui si basa questo modello sono i valori della competizione, dell’individualismo, del materialismo sfrenato, della tecnologia ad oltranza che dovrà sostituire sempre di più l’essere umano, uno scollegamento tra l’anima e il corpo. Per non parlare poi del gender fluid, e, quindi, questa idea che bisogna distruggere le identità, non solo le identità collettive, ma l’ultima frontiera è appunto l’identità sessuale. Insomma, una società dove esiste un ipercontrollo, il Green pass è stato un po’ l’avamposto di questa idea di società iper controllata.
I valori della mediterraneità
Ecco, questo modello sta finalmente venendo, come dire, alla luce, in tutta la sua distopia e ci stiamo tutti chiedendo, soprattutto dopo il periodo del Covid che abbiamo vissuto, che ha fatto emergere ancora di più queste distopie, ci stiamo chiedendo, ma quale può essere un modello alternativo che, invece, può andare in un’altra direzione? Ecco, e quindi io ho sempre pensato che la mediterraneità come filosofia di vita fosse il vero e proprio antidoto al modello globalizzato.
Perché dico questo? Intanto noi non siamo soltanto popoli italiani, non affondiamo le radici soltanto nella nostra Italia, ma anche nel Mar Mediterraneo e, quindi, siamo anche popoli mediterranei e che ha siamo portatori di un altro tipo di valori, che sono proprio in antitesi con i valori che noi abbiamo, io direi, importato dagli Stati Uniti, quindi, abbiamo importato questi valori che non sono nostri, e questo è importante dirlo perché questo modello globalizzato, neoliberista c’è stato imposto.
Ma non eravamo portati, naturalmente, diciamo ad accoglierlo, perché noi siamo popoli mediterranei. Allora quali sono questi valori; il valore della bellezza, il valore anche del tempo lento, il valore del saper fare, che è anche un saper essere, perché nella manualità c’è un mondo che si apre proprio un saper essere al mondo, in modo diverso rispetto alla velocità frenetica, e alla omologazione anche, in questa idea di una società tutta uguale, dove trovare i centri commerciali uguali in tutti i paesi.
Ecco, il nostro saper fare artigianale, la nostra unicità, l’unicità dei nostri prodotti è un qualcosa su cui noi abbiamo fondato la nostra storia, o, ancora, la cultura della terra, della cura della terra. Ricordo che noi italiani siamo stati un paese autonomo dal punto di vista alimentare fino a pochi anni fa, quindi, un paese ricco dal punto di vista agricolo e ora, invece, siamo costretti a importare quasi tutto, proprio per aver risposto a quel modello globalizzato, e, quindi, sono arrivate le multinazionali e abbiamo dovuto, come dire, sottostare a quel tipo di cultura e di modello che, ripeto, non è il nostro.
E poi ancora il valore della condivisione, il valore della cooperazione che è tipico della mediterraneità. Ecco questi della solidarietà, del fare comunità, dell’aiutarsi, questi sono tutti i valori tipici mediterranei, che noi abbiamo perso, per aver risposto a quel richiamo d’oltreoceano e per aver anche dovuto sottostare a delle logiche europee, che hanno fatto sì che noi italiani non, come dire, rispondessimo a questo richiamo della mediterraneità, quanto, invece, più a un pensiero nordeuropeo, che si avvicina molto di più, appunto, al pensiero statunitense neoliberista.
Quindi, la filosofia mediterranea, in questo particolare momento storico, ci può aiutare a trovare la rotta, ritrovare la rotta, a ritrovare chi siamo. In qualche modo a ritornare a casa, perché il processo che noi possiamo fare in questo momento storico, è davvero, intanto, una rivoluzione interiore, una rivoluzione, poi, comunitaria e poi una rivoluzione politica, ma questa idea del ritornare a casa, per me, ha questo tipo di senso, cioè ritrovare chi siamo, la nostra identità, i nostri valori, che sono valori che ci sono stati tramandati storicamente, culturalmente.
Ritrovando noi chi siamo, allora, potremmo ritrovare di nuovo la rotta, questo ritorno a casa ci farà ritornare, davvero, a una società sicuramente più sana e più umana, perché noi abbiamo questo scollegamento che abbiamo vissuto tra il corpo e l’anima e ha fatto sì che ci ritrovassimo come un popolo alla deriva. E invece dobbiamo ritornare a questo contatto con la nostra natura più profonda e con le nostre radici più profonde.
Quindi, la mediterraneità come filosofia di vita sarà la nostra salvezza e per questo io sono fortemente convinta che, se noi riusciremo a fare questo passaggio storico importante, a cui siamo chiamati, noi potremmo di nuovo fare grande l’Italia con un nuovo Rinascimento che, per me, sarà un nuovo Rinascimento Mediterraneo.
l’Italia è stata già grande nella storia con il Rinascimento che fu, e dobbiamo tener conto di una cosa, nel Medioevo, che non fu affatto un periodo buio, c’erano già i semi di quel Rinascimento che fu, in questo momento storico, un momento storico molto particolare, complesso, buio, dove c’è tanta complessità, tanto buio direi, ci sono già i semi di un potenziale nuovo Rinascimento Mediterraneo.
Qual è la differenza secondo me, tra quel Rinascimento che fu e questo nuovo Rinascimento, a cui io tengo molto come spinta, come visione, è che, mentre nel Rinascimento che fu, l’uomo era al centro, ritornò a essere al centro dell’umanità, delle scelte, oggi, invece, noi dobbiamo fare un passo in avanti.
Non è più soltanto l’uomo, ma l’uomo a contatto con la natura, che comprende profondamente il contatto, la ricchezza con la natura, che abbiamo fra l’altro davvero, in questi ultimi anni, proprio questo modello globalizzato ci ha portato a una distruzione totale di questo habitat che ci ospita e noi siamo di passaggio, lo dobbiamo ricordare sempre, che dobbiamo preservarlo per le generazioni future e, quindi, questo nuovo Rinascimento Mediterraneo sarà il nuovo Rinascimento in cui l’essere umano, una volta ritrovatosi capirà che il contatto con la natura e, quindi, preservare la ricchezza che ci dona la natura sarà fondamentale.
La cementificazione
Patrizia Landini. Questo è un tema molto molto interessante, tanto che ti anticipo questa domanda, perché noi siamo molto attenti, specialmente nelle nostre zone del Nord, a riversare il cemento dappertutto, vediamo la cementificazione e, quindi, poi, aree che non si possono nemmeno più bonificare, isole di calore, e tutte queste cose accessorie che, poi, si collegano a una mal-gestione del nostro territorio. Ecco, il ritorno alla vicinanza della terra, lo vedi possibile o è una situazione difficile, perché devi scalzare una serie di decreti legge, di agevolazioni, di permessi, che fanno sì che il nostro territorio venga sempre più ricoperto di cemento, perché non c’è un’altra parola per dirlo.
Tiziana Alterio. Sì, la cementificazione è il il frutto di questo, è il risultato di quel modello che dovremo superare assolutamente. Poco fa, facevo un giro proprio qui a Bassano del Grappa, e vedevo, osservavo le magnificenze del passato, in confronto alle brutture del presente, davvero, insomma la differenza è abissale, è che abbiamo perso anche il senso estetico, quella bellezza di cui parlavo prima, è stata persa perché è stato perso come valore che noi abbiamo e che avevamo.
Basta guardarci intorno per capire quanto abbiamo dato all’umanità, anche come artisti, come scultori, architetti. Questo è un altro dei passaggi che noi possiamo fare, il ritorno alla terra. Noi non avremo altre scelte, se non ritornare ai territori, perché è in corso, io giro tantissimo l’Italia, ma non solo, per aver scritto anche un libro che si chiama “Interviste rivoluzionarie: I pionieri della nuova economia e della nuova umanità“.
Da anni seguo i cosiddetti visionari, che sembra un po’ una parola, quasi brutta o fuori dalla realtà, invece, sono persone che, in diversi ambiti, stanno indicando una nuova direzione all’umanità, ma la stanno indicando con esperienze molto concrete, anche molto virtuose, che è il filo conduttore di queste persone, che poi ho avuto la fortuna di incontrare.
Sono economisti, finanzieri, chi ha fondato Banca Etica oppure Helena Norberg Hodge, che è la fondatrice dell’economia della felicità, ecco, la cosa che mi ha colpito in tutti questi anni, che il filo conduttore di queste persone, che, appunto, stanno indicando una nuova direzione, è la stessa, la parola chiave è la rilocalizzazione.
Il ritorno alle economie locali
Bisogna ritornare ai territori, alle economie locali, alle economie di prossimità, a tutto ciò che è vicino a noi, che è piccolo, che sembra riduttivo, invece è la direzione perché non è un ritorno al passato, ma è un ritorno a ciò che è umano. Perché questo sistema nel quale siamo immersi, che abbiamo anche foraggiato noi stessi, inconsapevolmente, fa sì che noi siamo costretti, oggi, a comprare prodotti alimentari nei supermercati che arrivano da altre parti del mondo.
E’ una follia, perché, ovviamente, chiunque può comprendere che è una follia dover comprare dei prodotti che fanno migliaia di chilometri, oppure, sono anche prodotti non rispettando i diritti dei lavoratori, perché, ovviamente, le multinazionali si spostano lì dove trovano maggior vantaggio.
Quindi, insomma, poi siamo costretti a comprare questi prodotti e a non poter acquistare prodotti che noi produciamo localmente, perché o non si possono più produrre, perché il costo è elevato, oppure, perché, per una questione di trattati internazionali, siamo costretti, per esempio, a buttare al macero i nostri agrumi e doverli comprare dal Marocco, dalla Tunisia.
Bisogna ripensare totalmente questo modello economico, ripensare questo modello economico significa, innanzitutto, rilocalizzare, quindi ritornare a ciò che è prossimo a noi e non per chiudersi nel passato, ma anzi. Pensare globalmente, ma ritornare, localmente, a produrre, e noi, e lo sanno, chi è, diciamo, del sistema, sa che l’Italia ha una grande ricchezza del Made in Italy, dei nostri artigiani, delle nostre piccole aziende, aziende familiari che producono prodotti esclusivi, unici al mondo, che stanno cercando le grandi multinazionali e già ci sono riusciti.
Pensiamo anche alla moda, hanno acquistato molte nostre società, erano gioielli del nostro paese e, quindi, noi, invece, dobbiamo essere capaci di valorizzare al massimo ciò che produciamo localmente, per diffonderlo, poi, a livello internazionale, abbiamo tutte le capacità per fare questo passaggio.
Esiste ancora la decrescita felice?
Patrizia Landini. Ma, a tuo parere, quello che una volta c’è stato, circa 7/8 anni fa, con Latouche e la decrescita felice è possibile? Cioè, può esistere una decrescita felice, oppure può esistere un viaggio diverso, senza togliere quello che abbiamo raggiunto, a livello, per alcuni paesi, non per tutti, naturalmente, però a livello di benessere e portare questo benessere diffuso nel mondo e poter andare avanti insieme.
Tiziana Alterio. Io credo che intanto ci hanno fatto credere che si potesse produrre illimitatamente, e, quindi, che ci fosse un mondo infinito. Anche la produzione di beni, o anche, penso alla finanza, perché questo modello secondo me non gode di ottima salute, perché, proprio in base al concetto su cui si è basato questo modello, e cioè della crescita infinita e illimitata, è accaduto che il il dollaro fosse scollegato dall’oro.
A questo punto, negli ultimi anni, la finanza, il mondo finanziario è cresciuto illimitatamente, ma come è cresciuto illimitatamente, attraverso uno scollegamento con l’economia reale, quindi, oggi noi abbiamo grandi fondi di investimento finanziari statunitensi, e cito i tre più importanti: Vanguard, Black Rock, State Street, che gestiscono 16 trilioni di dollari e che investono in tantissime multinazionali nel mondo, si stima che gestiranno quasi 30 trilioni di dollari nel 2030, quindi, metà della ricchezza mondiale sarà nelle mani di questi tre fondi di investimento finanziario statunitensi.
Però, appunto, in questa crescita infinita, questi soldi sono bit, non corrispondono più all’economia reale. Ecco perché questa crescita illimitata è destinata a fallire. Stiamo vedendo le banche, i primi sintomi, banche che falliscono. Perché se oggi tutti i risparmiatori volessero andare a chiedere, contemporaneamente, alla propria banca di ritirare il proprio contante, la banca non ha a disposizione quei soldi.
Quindi, premesso questo, cioè che in un mondo finito, non ci può essere una crescita illimitata, come ci hanno fatto credere, il concetto di decrescita felice, a mio avviso, forse è un po’ infelice, non nella sostanza, ma nella forma, perché quando si parla di decrescita felice ci si spaventa, perché sembra un concetto di privazione e, quindi, nella forma è un concetto secondo me che va un po’ rivisto.
Nella sostanza, invece, sono assolutamente concorde e cioè bisogna pensare, ripensare completamente al modello economico. Ma non solo, al modello sociale, al modo in cui noi esseri umani stiamo su questa terra, non possiamo più pensare di consumare una quantità infinita di plastica e di accumulare montagne di rifiuti, senza pensare che questo nostro modo di vivere, e di essere, distrugge l’ambiente e, quindi, è un carico, un peso che noi lasceremo alle generazioni future.
Quindi, va assolutamente ripensato il modo di stare al mondo, di essere su questa terra, ripensando ognuno alla propria esistenza, perché poi bisogna partire sempre da se stessi. La rivoluzione non può che partire individualmente e interiormente, perché è inutile puntare il dito esternamente e pensare di portar la pace e di fare la rivoluzione ,quando, ogni giorno, io posso fare la mia rivoluzione, pensando a come posso spendere i miei soldi.
Come posso essere in relazione con la comunità che mi circonda, come posso educare i miei figli, che sono i più attaccati, in questo momento storico. Perché il sistema di potere, ovviamente, sa come catturare la loro attenzione. Negli anni 70, sempre dagli Stati Uniti d’America, io lo ricordo perché ero piccola, fu diffusa l’eroina, la droga, cercarono di prendere quella generazione con la diffusione dell’eroina e ricordo delle scene di ragazzi che, appunto, si punturavano.
Oggi, invece, la droga diffusa è una droga molto più subdola, ma molto più invasiva. Perché con la diffusione dei videogiochi, con gli smartphone, con tutta la spazzatura; ciò che i nostri ragazzi osservano è un nutrimento, un nutrimento dell’anima, quindi, immaginiamo che tipo di nutrimento hanno i nostri ragazzi. Noi abbiamo un compito importantissimo, un compito storico straordinario perché siamo nel bel mezzo di questo cambiamento e di questa possibilità e potenzialità di cambiamento.
Ciò che ha portato il Covid e poi anche la guerra è, in realtà, un risveglio delle coscienze. Dopo questo risveglio delle coscienze, che è sempre di una minoranza, ma, ricordiamo che nella storia non è mai stata la massa a cambiare le cose, ma sempre piccoli gruppi di persone, per cui non ci lasciamo scoraggiare dal fatto che siamo pochi. Ora, però, il compito storico è nutrire la visione del mondo che noi vorremmo lasciare ai nostri figli e nutrirla e viverla, questa visione, partendo davvero dalle piccole piccole cose.
Visionari e costruttori di un mondo nuovo – “Interviste rivoluzionarie: I pionieri della nuova economia e della nuova umanità“.
Patrizia Landini. Citavi, prima, il tuo libro, “Interviste rivoluzionarie: I pionieri della nuova economia e della nuova umanità“, uno dei tanti che hai scritto, tutti molto interessanti; questo delle interviste così particolari, che tu hai fatto a questi pionieri, magari più che visionari. Tra tutti questi personaggi che tu hai intervistato, qual è quello che più ti ha colpito e che pensi possa insegnare qualcosa di diverso?
Tiziana Alterio. Sicuramente c’è ne sono due, un uomo e una donna, quindi, per par condicio. Joan Melé è una persona straordinaria perché è il fondatore di banche etiche in Spagna e in tutto il Sud America. E quando l’ho intervistato io mi ero fatta la mia idea di dover parlare di finanza, di soldi, di banche, perché ti trovi di fronte a una persona che tutta la vita ha creato banche e si è occupato di finanza.
E invece fu straordinaria questa intervista e questo incontro, perché parlammo di tutto fuorché di finanza, perché è una persona davvero straordinaria, uno Steineriano, una persona che ha fatto un percorso spirituale notevole, che medita tutti i giorni, che ha un’etica e una visione della vita assolutamente, sembra, in antitesi con tutto ciò che riguarda la finanza.
Invece, mi ha dato l’idea che si può, in questo mondo, che noi vogliamo costruire, che possiamo costruire, si può, anche, parlare di finanza e vivere il mondo della finanza eticamente, non sono due concetti in antitesi, ma possono assolutamente andare di pari passo, insieme. Quindi, ecco, le banche etiche da lui fondate sono banche in cui, chi investe i propri soldi, sa che non andranno a foraggiare multinazionali delle armi o allevamenti intensivi, che distruggono l’ecosistema, ma andrà a finanziare aziende della nuova umanità.
Quindi questa è sicuramente una delle interviste che più mi ha colpito e lui dice questo e mi piace leggerlo: “È necessario sradicare la paura dal nostro cuore, tirare fuori il coraggio. Pensando a questo momento storico, coraggio è la parola chiave di questo tempo storico. Bisogna chiedersi, sono disposto ad impegnarmi fino alla morte, a cambiare il mondo? Quando prendi questa decisione nessuno ti potrà fermare e niente sarà impossibile” e questo mi è rimasto nel cuore, perché quando tu prendi questa decisione, in qualunque ambito tu operi, puoi fare la differenza e niente è impossibile.
L’altra persona, invece, che fra l’altro incontrerò fra fra poco, perché sarà in Italia, e poi sarò con lei in Inghilterra a settembre, a rappresentare l’Italia in un evento internazionale è Helena Norberg Hodge, che è la fondatrice dell’economia della felicità.
Perché è straordinaria questa donna, che ha vinto anche un Premio Nobel, di quelli alternativi, però, non quelli ufficiali, è straordinaria perché ha avuto la capacità di seguire, per oltre quarant’anni, una popolazione nel Ladakh in India, un popolo che era molto felice, viveva di poco, non conosceva la disoccupazione, era una comunità che si sosteneva e e che viveva di poco, ma, in realtà, aveva tutto quello di cui era necessario.
Li ha seguiti per quarant’anni e, a un certo punto, anche in Ladakh ha iniziato ad arrivare la pubblicità della Coca-Cola, dei jeans, le pubblicità americane che ti illudevano, un po’ come è stato da noi, in tutti i paesi, anche occidentali, europei, che quella era la felicità e, anzi, lei racconta, a un certo punto, che il popolo del Ladakh iniziò a pensare che avevano di meno rispetto agli altri, che erano un popolo inferiore, rispetto a chi aveva tutti questi beni e, quindi, sono entrati con la pubblicità e alla fine sono entrate anche le multinazionali.
Questo è stato il secondo passaggio. Insomma, seguendo per quarant’anni questo popolo, ha potuto verificare come, poi, per aver risposto a quel modello neoliberista globalizzato, a cui abbiamo risposto anche noi, è diventato un popolo molto infelice, conosce la disoccupazione, che prima non conosceva, è un popolo sradicato, anche spiritualmente, e ha un altissimo tasso di suicidi e di depressione, cosa che non avevano mai vissuto. E quindi lei, poi, è stata l’iniziatrice, con un bellissimo documentario, dell’economia della felicità ,e, in sintesi la sua teoria è sempre quella, cioè, bisogna ritornare ai territori, a ciò che è locale, a ciò che è prossimo a noi e a uno spirito di comunità che noi abbiamo perso.
Il femminile e l’informazione
Patrizia Landini. Bene, ti chiedo l’ultima cosa: le voci di donna nell’informazione, come giornalista indipendente, come valuti la condizione di noi donne che cerchiamo di portare informazione in tanti ambiti non solo in questo, insomma, alla ricerca di un nuovo mondo, di un nuovo benessere, qual è il tuo parere?
Tiziana Alterio. Guarda, Io credo che non soltanto nell’informazione, poi ci arrivo all’informazione, più che la donna, le qualità femminili, in questo momento storico, sono fondamentali, perché noi dobbiamo uscire da un concetto patricentrico, insomma, da questa visione del mondo patricentrica e, invece, iniziare a coltivare sempre di più le qualità femminili, che sono, appunto, della preservazione della vita, della condivisione e della cooperazione, dell’accoglienza, del non farsi guerra, ma cercare una mediazione.
Qualità femminili che sono anche negli uomini, non è una prerogativa femminile, anzi, ci sono tante donne che hanno più sviluppate le qualità maschili, però ecco, dobbiamo, noi donne, che siamo più naturalmente portate a puntare sulle qualità femminili, abbiamo, secondo me, in questo momento storico, un compito importantissimo, perché dico questo?
Perché c’è un attacco alla vita molto forte. Questo modello da cui noi dovremmo uscire, abbiamo visto, soprattutto negli ultimi anni, che tipo di attacco alla vita ha avuto e, quindi, noi abbiamo quelle qualità naturali per preservare la vita; riusciamo nei momenti di difficoltà a far emergere la forza, questo spirito guerriero che è proprio di noi donne, soprattutto nei momenti di difficoltà, quindi, le donne e l’informazione è fondamentale, perché l’informazione indipendente, che, per fortuna, ora ha uno spazio.
Dico per fortuna, perché ho personalmente fatto una scelta già tanti anni fa, di uscir fuori dal sistema, ho lavorato sia alla Rai che a Mediaset, ma avendo già capito, molto giovane, che io desideravo onorare questo mestiere, che è meraviglioso, perché, per me insomma, mi sta proprio a pennello, ma desideravo onorarlo, anche per pensarlo come una missione, raccontare la verità e rispondere solo e soltanto alla propria coscienza, era impossibile farlo nel sistema.
Uscii fuori dal sistema già 20 anni fa, ma è stata una navigazione molto solitaria perché è stato molto complicato, anche trovare persone che ascoltassero, in modo indipendente, quello che, magari, scoprivo, perché il martellamento quotidiano del mainstream, insomma, fa il suo lavoro. Quindi, ora che c’è uno spazio che prima non c’era, negli ultimi anni sono nati tanti canali della libera informazione, grazie alla rete, grazie a Internet, che è un po’ sfuggito dal controllo del sistema, grazie, veramente, a Dio possiamo dire, ora più che mai, noi abbiamo un compito fondamentale,
E’ grazie all’informazione indipendente, che abbiamo tante persone che si sono risvegliate e hanno capito le falsità e la menzogna di tante cose che passano nel mainstream, che è una voce unica, una narrazione unica, senza possibilità di un dibattito, di alimentare delle riflessioni, è una narrazione univoca, e, quindi, donne che si occupano di informazione indipendente, che possono, però, portare nell’informazione quelle qualità femminili che sono importanti in questo momento storico.
Quindi le due cose vanno di pari passo, non dobbiamo assolutamente scindere le due cose, credo che sia un contributo notevole, è proprio un servizio notevole che noi possiamo dare agli altri, al nostro paese e all’umanità intera.
Patrizia Landini. Bene, allora io ti voglio proprio ringraziare di questo tuo contributo, di tutte le cose che ci hai detto, del tuo punto di vista. Importantissimo. Quindi, il fatto di essere giornalista indipendente è molto importante in questo momento dove dobbiamo cercare di essere veramente il più ampi possibile nella nostra divulgazione. Ti ringrazio tanto di essere stata al nostro ospite.
Tiziana Alterio. Grazie a te, grazie a voi e chi vi segue.
Patrizia Landini. Certamente e ringraziamo l’associazione Zenith di Bassano del Grappa che ha permesso questo nostro incontro.
Articolo a cura di:
Patrizia Landini
Giornalista di Salute e Benessere
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